domenica 18 maggio 2014

Ciajkovskij .P.I & Nadieshda Filaretovna von Meck (parte terza)

Pyotr Ilyich Ciajkovskij 
 Nadieshda Filaretovna von Meck

L’epistolario
(quando la lettera scritta sostituisce il suono della parola e unisce due anime)

 La “Quarta Sinfonia
Quando un’affinità apre l’anima e il cuore


“Caro , adorato amico!
Le scrivo in uno stato di eccitazione frenetica che si è impadronita di me in modo tale da compromettere addirittura la mia salute; eppure non vorrei, per nulla al mondo, rinunciare a questa meravigliosa ebbrezza. Vedrà subito qual è la ragione. Ho ricevuto due giorni orsono la riduzione per pianoforte a quattro mani della nostra sinfonia ed ecco quello che mi ha messa in questo stato di esaltante rapimento: quello che, senza tregua, mi procura fremiti di passione. Suono e suono continuamente la sua musica senza mai essere stanca. Quei divini accordi hanno penetrato tutto il mio essere eccitando i miei nervi, mettendo la mia mente in un stato di febbrile eccitazione. Sono due notti, ormai, che non riesco a prendere sonno e, quando la mattina mi alzo, non ho che un unico pensiero: sedermi il più presto possibile al pianoforte e suonare ancora la sua musica. Mio Dio, da vero grande maestro, lei è riuscito, in quelle pagine ad esprimere disperazione e speranza, dolore e sofferenza, tutto quanto insomma io ho provato, sì spesso in vita mia! Ciò che mi rende cara e preziosa la sua musica non è solo il suo valore in quanto opera d’arte, ma altresì la sua capacità di esprimere la mia vita e miei sentimenti. È giusto che questa Sinfonia appartenga a me: nessuno può riconoscere come me quello che vale. I musicisti giudicherebbero questa partitura al lume della ragione; io invece l’ascolto e la sento abbandonandomi con tutta me stessa. Se fossi destinato che io morissi per ascoltare questa musica, ebbene morirei, ma non cesserei di ascoltare.
Come mi dispiace, mio caro, mio adorato, che si sia trovato così male a Pietroburgo; ma, mi perdoni amico senza pari, mi sono anche rallegrata che lei provasse tanta nostalgia per Simaki. Dato che non esistono fra noi contatti personali, non so se ella può comprendere i sentimenti di gelosia che io provo nei suoi riguardi. Sappia che sono oltremodo geloso di lei, gelosa come una moglie può esserlo del marito che ama. Sappia che quando lei si sposò, io fui così infelice che il mio cuore stette per scoppiare dal dolore.
Il pensiero che quella donna fosse così vicino a lei mi riusciva amaro, penoso intollerabile. Ma ora ascolti fino a che punto arrivi la mia cattiveria: provai una gioia da non dirsi quando seppi che, vivendo con quella persona, lei si sentiva infelice, D’altra parte, credo di essere riuscita a nascondere codesti sentimenti, dei quali oggi provo vergogna. Ma allora, vincerli mi fu impossibile. Noi, esseri umani, non siamo neppur padroni delle nostre passioni. Odiavo quella donna perché la rendeva infelice; però, l’avrei odiata mille volte di più se, con lei, lei fosse stato felice. Mi sembrava che mi avesse derubata di quanto mi apparteneva, che mi avesse defraudata di un mio diritto. Io infatti l’amo, Peter, l’amo come nessuno può amarla. Lei mi è più caro di chiunque altro sulla terra.
Se questa confessione dovesse riuscirle importuna, mi perdoni l’involontaria rivelazione. Mi sono tradita: è colpa della Sinfonia. Tuttavia credo sia meglio lei sappia che non sono affatto l’essere perfetto che immagina, anche se le assicuro che tutto questo non potrà in alcun modo mutare i nostri rapporti. Non desidero nessun cambiamento, vorrei però avere la certezza che nulla cambierà fra noi fino alla morte, che nessuno…Ma io non ho il diritto di parlarle così. Mi perdoni e dimentichi tutto quel che ho detto; ho una tal confusione in testa…Oggi il tempo è bello, voglio quindi andar fuori e respirare aria fresca…
Arrivederci, mio caro, dimentichi questa lettera, ma non dimentichi

la sua N.v Meck che l’ama con tutto il cuore.”

Questa lettera viene scritta da Nadjeshda nei primi giorni di settembre del 1879, dalla residenza estiva di Brailov, mentre Peter da eterno viandante e posseduto da eterna inquietudine ha appena intrapreso un lungo viaggio fino alla tenuta di Grankino, situata nell’Ucraina orientale, allo scopo di incontrare il fratello Modest, là residente in qualità di precettore.
Leggere l'epistola sopra riportata, non può non intenerire e commuovere qualsiasi cuore che abbia vissuto sentimenti d’amore non totalmente condivisi. Nadjeshda, è ancora una donna giovane e affascinante, e per la prima volta nella sua vita conosce l’amore in tutta la sua potenza, e per quanto ami la musica in maniera passionale che fa da sensibile legante verso colui che adora musicalmente, non si rende conto di quanto quella potenza l’abbia coinvolta fino a rompere quegli schemi che lei stessa aveva posto alla relazione con l'adorato amico Peter, tanto da indurla con disperante gioia a scrivere questa epistola, quale confessione d’amore a cuore aperto: parole che annullano la volontà razionale per far luogo al solo linguaggio possibile di un amore straripante e, inconsapevole che mai avrebbe ricevuto quella sperata e tanto attesa risposta di accettazione. Soltanto quindici mesi prima ella aveva presenziato a Mosca alla prima della Quarta Sinfonia, a lei dedicata, ‘la nostra’ così la chiamavano i due protagonisti scelti da Fato e da un cinico disegno di Amore, la stessa che riportava sul frontespizio della partitura: “Dedicata al mio miglior amico". Dedica voluta dalla baronessa von Meck, restia a qualsiasi apparizione pubblica e fortemente gelosa dei suoi sentimenti intimi; soltanto da pochi giorni era venuta in possesso della riduzione per pianoforte a quattro mani che suonava per ore e ore ogni giorno, senza esserne mai sazia. Musica, cuore e amore, tre fattori complici che conducono Nadjeshda a uno stato di rapimento fisico-interiore da cui sgorgano dalla sua penna, senza più alcun ritegno, vibranti parole d’amore, una confessione del suo cuore traboccante di passione.
A questa tenera e velata implorazione d’amore, alcuni giorno dopo Nadjieshda ne fa seguire un'altra: 
“Continuo a lasciarmi inebriare dalla sua musica come dall’oppio e cerco di giustificarmi di fronte a me stessa col pretesto che stiamo per partire e che per lungo tempo non avrò più occasione di suonare il pianoforte. Sono tutta compenetrata dalla Quarta Sinfonia: la coda e i suoi temi mi fanno uscir di senno; anche di notte ne sento gli accordi e sono arrivata a tal punto di non poter nemmeno guardare il libro senza provare una forte emozione. Tutta la sinfonia è meravigliosa, ma quel primo “tempo” poi…Non c’è niente di più sublime in musica e io sono sicura che, al di fuori di questa, non c’è altra via. Questo è il culmine del creato, è il coronamento del raggiungibile, è la scintilla della divinità deposta in lei. Sarei disposta a dare in cambio la mia anima, a perder la ragione, senza provarne rimpianto…
Mi dispiace staccarmi da Brailov, ma adesso ho ben altra spinta! Tutti i miei pensieri, le mie speranze, le mie aspirazioni sono rivolte a Napoli, là dove il mio cuore appagato, palpiterà con nuovo ardore e il sole risorgerà per illuminarmi, per riscaldarmi coi suoi raggi. Oh, soltanto quella che muove dal cuore è vita autentica e originale!”

Da Grankino, Peter risponde il 25 settembre:

“Trovai qui le sue lettere e non riesco a esprimerle tutta la gioia provata quando riconobbi la sua scrittura e poi quando, leggendo la lettera, mi resi conto di quale intima unione esista fra noi due.
Che la nostra Sinfonia sia apparsa finalmente stampata, l’ho appreso soltanto da lei. Avevo il presentimento che questa musica le sarebbe piaciuta; non poteva essere altrimenti. Mentre la scrivevo non pensavo che a lei. Non eravamo ancora così uniti come ora, ma già in quel tempo sentivo, anche se indistintamente, che non c’è anima al mondo che possa come lei comprendere tutti i più riposti, i più profondi moti del mio cuore. Mai la dedica di una composizione ha avuto significato più profondo, giacché in questa musica si manifesta non solo il mio io, ma anche il suo. Questa è veramente non la mia, ma la nostra sinfonia. Lei sola è in grado di comprendere e di sentire ciò che io ho provato e vissuto mentre scrivevo quelle note. Per tal ragione, questa rimarrà sempre la mia opera prediletta, documento di quel tempo in cui, dopo una lunga malattia dello spirito, dopo atroci sofferenze, spinto fin sull’orlo dell’abisso e della disperazione, improvvisamente l’aurora della resurrezione e della felicità riprese a illuminare il mio orizzonte. Quell’aurora è la figura di colei cui la Sinfonia è dedicata. Rabbrividisco al pensiero di quello che sarebbe stato di me se il destino non mi avesse fatto incontrare con lei. Tutto io devo a lei: la vita, la possibilità di realizzare il mio ideale, la libertà e quella pienezza di felicità che prima d’allora avevo ritenuta impossibile. Ho letto le sue lettere con una gratitudine infinita e un amore per il quale non si possono trovar parole. Lo posso esprime soltanto con la musica. La nostra Sinfonia ha un programma: esiste cioè la possibilità di tradurre in parole il contenuto, e a lei, a lei sola, io voglio spiegare il significato di tutta l’opera e dei singoli tempi.
L’introduzione è il nocciolo di tutta la sinfonia; l’idea principale è il fato, nefasta potenza che si oppone alla conquista della nostra felicità e che malignamente si adopera perché il benessere e la pace non siano mai completi, mai privi di nubi; quella potenza che pende, come la spada di Damocle, sopra le nostre teste e amareggia senza tregua le anime nostre. Una potenza invincibile…Abbattimento e disperazione diventano sempre più forti, ma ci si abbandona ai sogni e questi a poco a poco si impadroniscono della nostra anima. Si dimentica tutto quanto è fosco, negato alla gioia. Ecco la felicità! In tal maniera, tutta la nostra vita è un’alternativa continua di dure realtà e di sogni fuggevoli.
Il secondo tempo esprime un grado diverso di malinconia che ci assale la sera, quando stanchi per una dura giornata di lavoro e soli, ci si siede, alla fine, con un libro in mano, ed ecco che il libro ci sfugge, mentre un’ondata di ricordi si riversa sopra di noi. Com’è dolce, allora, ripensare alla giovinezza, ai giorni in cui il sangue ci pulsava nella vene, caldo, gagliardo, e la vita non ci dava che soddisfazioni e appagamento, Ma mancavano anche allora, davvero, i giorni difficili? Che cosa dolorosa e, insieme, dolce, è tuffarsi nel passato!...
Il terzo tempo non esprime nulla di determinato. Sono arabeschi capricciosi, figure inafferrabili che attraversano la nostra mente come quando si è bevuto del vino e ci si sente un po’ ebbri…ci si lascia trasportare dalla fantasia. Ma ecco: improvvisamente ricompare alla memoria l’immagine di un piccolo contadino ubriaco e il ricordo di una canzonetta udita per la strada. Da qualche parte, in lontananza, passano soldati…
Quarto tempo: se non riesci a suscitare dentro di te un’atmosfera di gioia, guardati intiorno, Va’ fra la gente…partecipa ad una festa popolare. Preso dallo spettacolo di tanta allegria, dimentica la tua pena, fino al momento in cui, inevitabile, il destino (motivo del fato) torna a farsi sentire. La gente non si occupa di te e non si accorge neppure di quanto tu sia solo e triste. Sono tutti allegri, felici, dominati da sentimenti semplici e spontanei! Esci da te!...Partecipa della felicità altrui. La vita a pure i suoi lati belli. Questa è, amica carissima, tutta la spiegazione che le posso dare. Naturalmente le mie parole sono, sotto certi aspetti, oscure e non esaurienti, La caratteristica tipica della musica strumentale è proprio quella di non potersi facilmente spiegare a parole. Dove queste vengono meno, bisogna lasciar parlare la musica.”

“La nostra Sinfonia mi ha impressionato profondamente! (risponde immediatamente Nadieshda Filaretovna) Che effetto doloroso e sconvolgente ha sull’animo il primo tempo! Come sono belli quei temi, quegli accordi audaci (questa musica mi elettrizza), e come conclude! C’è da uscir di senno per l’emozione. Il secondo tempo: vorrei abbracciare e accarezzare questa musica, tanto è splendida nella sua trasognatezza e in quelle reminiscenze di musica popolare russa.” 
Così risponde Nadjeshda alla descrizione dell’amico sulla sinfonia, anche se non erano certamente le parole che in cuor suo si aspettava di ricevere dopo la confessione a cuore aperto; ella sperava di leggere quello che la sua passione amorosa domandava, ma l’elevata sensibilità che rivestiva il suo essere e il grande rispetto che nutriva verso i sentimenti stessi, la conducevano sempre a subire in silenzio, nella speranza che un giorno il suo Peter potesse finalmente coronare un sogno d’amore atteso da una vita. Già l’anno prima, la Marcia Slava del nostro inquieto compositore aveva rapito la signora Nadjeshda in un’esaltazione, in un’estasi totale. Allora, inebriata da quella musica, aveva offerto all’amico il tu. Questa volta la musica della Quarta Sinfonia le fa dimenticare tutto ciò che le sta intorno. Non ha altri pensieri che per l’amico, brama con tutte le fibre del suo cuore di averlo vicino, anela al prossimo viaggio a Napoli, per unirsi ancora una volta a lui, ma di questo incontro non se ne parlerà più. Un’unione, come già menzionato, ben singolare, incorporea, misteriosa; un vivere nel medesimo luogo, vicinissimi uno all’altra, come a Firenze nell’ottobre del 1878, lei residente a Villa Oppenheim non lontano da San Miniato, e lui a Villa Bonciani, poco distante, soltanto una breve passeggiata li dividono; poi a dicembre a Parigi, e nella primavera successiva nella residenza estiva di lei a Brailov; sia a Firenze che a Brailov, per pura casualità i nostri protagonisti, che vivono un idillio epistolare giornaliero, s’incontrano di sfuggita quando la carrozza di Nadjeshda nel far ritorno a casa incrocia Peter che passeggia lungo la strada; Peter colto di sorpresa s’inchina togliendosi il cappello con un ciglio di disappunto ma anche con evidente emozione, mentre Nadjesha racconterà nella lettera del giorno dopo la sua gioia e dell’incontenibile emozione sostenuta a fatica dal suo cuore per averlo visto fisicamente a pochi metri di distanza. Per volontà di Fato la stessa situazione si verificherà pochi mesi più tardi a Brailov, nel maggio del 1879, mentre Peter risiede ospite nella tenuta di Simaki, poco distante da Nadjehsda, ma come a Firenze entrambi vivono ognuno a modo proprio le sensazioni emotive senza nemmeno una parola e un tocco fisico. Ma chi più ne soffre di queste situazioni è senz’altro la sensibilissima e passionale Nadjeshda, che ancora è all’oscuro e non immagina dell’avversione cui è affetto l’amico verso il sesso femminile, causa prima che un giorno condurrà alla rottura del loro particolare rapporto d’amore.
Di questa triste e dolorosa rottura, ne parlerò nella quarta ed ultima parte.
Oggi vi lascio con la lettera di benvenuto che Nadjeshda scrive a Peter per il suo arrivo a Villa Bonciani:  
Firenze, Porta Romana, Villa Oppenheim
20 settembre 1878

“Sia benvenuto a Firenze, mio caro, adorato, impareggiabile amico! Come sono lieta, mio Dio, che gioia grande è per me sapere che lei è vicino; conoscere le stanze che abita, pensare che ammira lo stesso panorama che io ammiro, che respira la stessa aria che io respiro. È una felicità indescrivibile. Come desideravo che la casa che avevo scelto per lei le piacesse! Adesso è mio ospite, caro caro amico, tanto vicino al mio cuore. Di qualunque cosa dovesse aver bisogno, dalla carrozza per fare una passeggiata ai libri per leggere, si rivolga, la prego senza esitazione a Villa Oppenheim, come se fosse casa sua. Stia sicuro che non potrà che farmi piacere. Mia figlia Jiulia ha pensato che qui non si sarebbe trovato del buon tè; così, abbiamo portato da Mosca il nostro e ne manderemo anche a lei. Aljoscia, (il maggiordomo) che certo accudisce a lei con ogni cura, glielo preparerà. Quanto alle passeggiate, le consiglio quella splendida strada che passa proprio accanto alla sua casa e che porta al convento, al Camposanto e alla piazza di San Miniato. Lassù è una meraviglia, ci si arriva anche dal nostro viale. Facciamo ogni giorno, con qualsiasi tempo questa passeggiata; usciamo di casa alle undici e passiamo accanto a Villa Bonciani, dove sta lei. Ritorniamo per la medesima strada e alle dodici siamo a casa per la colazione.”

L’indomani dell’arrivo Peter risponde:

“Non trovo parole, amica cara, per esprimerle il mio incanto per tutto ciò che mi circonda. È impossibile immaginare di vivere in un posto più perfetto. Ieri non potevo prendere sonno; giravo per la mia splendida casa e assaporavo l’incomparabile silenzio, pensando a Firenze che amo tanto, distesa ai miei piedi, e a lei, felice di saperla tanto vicina. Quando stamattina, prestissimo, aprii le persiane, il mio entusiasmo raddoppiò ancora. Quanto mi è cara la singolare bellezza dei dintorni di Firenze! Per quel che riguarda la mia casa, essa ha soltanto il difetto di essere troppo bella, troppo spaziosa, troppo comoda. Temo che qui diventerò troppo viziato. Un pregio tutto particolare della villa è quel vasto terrazzo sul quale posso passeggiare e respirare aria pura senza uscire di casa. Per me, così amante del fresco, non è un piccolo vantaggio. Ieri ho passeggiato a lungo e non le posso dire come ho goduto l’incantevole silenzio della sera, rotto soltanto in lontananza dal mormorio dell’Arno. Quanto all’offerta di servirmi dei suoi cavalli e della sua carrozza, non ne approfitterò. Sono un appassionato camminatore e sono perciò contentissimo che la visita alla città sia legata a una passeggiata. Se una volta mi capitasse di sentirmi stanco, avrei la possibilità di ritornare a casa servendomi di una carrozzella. Ora voglio riposarmi del viaggio, prendere un poco visione dei dintorni e stabilire un programma per la distribuzione del mio tempo. Domani comincerò a lavorare. Fintanto che lei è qui, vorrei farle conoscere, almeno in parte, la mia nuova Suite o piuttosto la nostra Suite. A tal scopo voglio rielaborare qualche tempo a quattro mani. Le sarei grato se, di quando in quando, mi inviasse qualche giornale russo.” 
                ...ed eccoci ora partecipi di uno scorcio di vita squisitamente romantico: due creature, innamorate, in fondo, l’uno dell’altra, che abitano per un mese intero nella stessa città, a pochi passi di strada, ma evitano con ogni arte e precauzione qualsiasi incontro, che fatalmente invece avviene, anche se per pochi istanti e di sfuggita; un idillio che si consuma in scritti quotidiani, lettere assai simili a messaggi d’amore, lo stesso che entrambi ancora non immaginano che un giorno finirà in un silenzio senza appello da parte di Nadjeshda Filaretovna...


Daniel Barenboim dirige l’orchestra sinfonica di Chicago 
nell’interpretazione del 1st mvmt della 
Quarta Sinfonia di P.I.Ciaikovskji


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